Uno specchio continuo in cui tutti ci si riflette e che è anche elemento scenico, parte di una scenografia a sua volta scarna e essenziale, ma di forte impatto emotivo.
I personaggi si muovono in una situazione in cui assume rilievo solo l’essenzialità dell’essere umano, privato della maschera. Un Clov interpretato da un’attrice perché veramente come è scritto nel testo il sesso non ha importanza, o perlomeno non ne ha in questo contesto e per questo personaggio, inconsapevole clown, a tratti perduto nel nulla, come perduti nel nulla sono tutti e quattro i personaggi; un niente che diventa comunque un percorso per una nuova e diversa consapevolezza da cui nessuno può fare ritorno.
Un testo essenziale, che rimanda alle parole della Bibbia, alla vita stessa dei personaggi, al pensiero filosofico e letterario occidentale, ma soprattutto all’intera storia dell’umanità da cui nessuno di noi può prescindere.
Una diffusa leggerezza e un’atmosfera di gioco aleggiano sull’allestimento e forte è il desiderio di ridere e lasciarsi andare, perché comunque niente vale veramente la pena.
Per il breve tempo dello spettacolo il pubblico e gli attori si ritrovano insieme come sospesi e legati ad un unico filo.