Un uomo non piange. Un uomo lavora. Col petto in fuori e la testa china. Questa è la via che segue Michè per tutta la sua vita. Orfano da che ricorda, non ha mai conosciuto l’amore di un genitore. Lo Spedale, l’orfanotrofio, lo ha affidato ad una famiglia di contadini che più che il pane e il letto non può dargli. Ma la magia arriva proprio quando ne hai bisogno: un giorno, rifugiatosi a piangere nella stalla, incontra una gatta che lo adotta, diventando sua madre.
Mentre il gruppo di amici di sempre lo chiama Prugnetta, femminuccia, è proprio la gatta a ricordargli che nella vita bisogna essere buoni, no uomini. Ma quando sei faccia a faccia col nemico, con i fucili carichi e pronti a sparare, quando la tua unica fonte di forza è un bicchiere di cognac e la rabbia per i compagni che muoiono al tuo fianco, in quel momento la scelta fra essere un prugnetta ed essere un uomo diventa una scelta essenziale.
La lingua è un grammelot di dialetti che, per quanto comprensibile, riporta ad un mondo che l’italiano non lo conosceva. Filio dello spedale è la storia dei nostri bisnonni, cresciuti con la pressione di essere uomini, spediti al fronte senza preparazione, e nessuno di loro al fronte bestemmiava in italiano, nessuno di loro è in italiano che chiedeva al commilitone alfabetizzato di scrivere una lettera a casa. Filio dello spedale è la storia di una generazione mandata a combattere per l’Italia quando a malapena sapeva di essere italiana.
Lo spettacolo fa parte della sezioneG.E.T. Giovani Eccellenze Teatrali realizzata in collaborazione con Associazione La Chascona