“Mamme, piccole tragedie minimali”, quattro brevi pièce che ben sintetizzano la poetica di Annibale Ruccello, tra i più interessanti autori del teatro napoletano del Novecento, e il suo gusto per la citazione del mondo favolistico del “cunto” alla Giovanbattista Basile, così caro a Roberto De Simone.
La madre della prima pièce racconta favole “nere” che hanno per protagoniste donne e fanciulle dal fascino macabro. La seconda è la pazza Maria di Carmelo, ospite di uno “spitalo – carcero – monastero” dove rivive la sua alterità di Madonna laica in un mondo di costrizioni e di falsità.
La terza madre, il cui “mal di denti” – che dà il nome alla pièce – è anticipatore di un dolore ancora più forte per l’incapacità di comunicare con la figlia e il dramma che ne seguirà. Infine il vuoto cicaleccio telefonico che simbolizza la vacuità di pensieri e sentimenti dell’ultima delle quattro madri proposte, tutte accomunate da un destino segnato e che cancella, rendendole appunto “minimali”, le rispettive tragedie.