Osei, budei, fradei

Arlecchino, maschera intramontabile della Commedia dell' Arte e delle commedie di Carlo Goldoni, ha ancora qualcosa da raccontare a noi del terzo millennio ? La sua umanità archetipica può essere ancora a noi contemporanea?
Villa Imperiale | In programmazione: 03/08/2015

Un piccolo cimitero di campagna, dimenticato nella Pianura. Lì, insieme al ricordo di frammenti di una parte della mia famiglia, riposano idealmente anche alcune maschere, parenti dello shakespeariano Yorick. Incorniciati tanto da ricordi di piatti mantovani e dal sogno del cibo del Paese di Cuccagna, quanto dal profumo degli innumerevoli modi di condire la Polenta, alcuni Arlecchini vengono chiamati a raccontare la propria morte. Morti trasfigurate e paradossali: chi per troppo cibo, chi per fame, chi per paura, chi in piena attività amorosa, chi ancora annegato su un barcone sul Po, mentre era diretto a Venezia. Dalle loro parole, dai loro suoni ‘masticatori’, è rievocato un mondo padano che, ingoiato da impianti industriali, strade e cemento, ormai più ancora che dalla nebbia, sta via via perdendo la sua identità e la sua storia. Per questo viaggio, tragicomico e un poco lugubre, ho scelto come compagne, a me attore/narratore, le poesie in dialetto di Cesare Zavattini, una delle figure significative del nostro ‘900, mai abbastanza ricordato, a cui dobbiamo straordinari soggetti e sceneggiature del nostro cinema del secolo scorso. Ma OSEI BUDEI FRADEI è anche la risposta ad una sfida: oltre alla sua presenza nelle farse della Commedia dell’ Arte e nelle commedie di Carlo Goldoni, Arlecchino ha ancora qualcosa da raccontare a noi del terzo millennio ? la sua umanità archetipica può essere ancora a noi contemporanea?

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