La sala d’attesa pare quella di uno studio medico. I personaggi arrivano gradualmente, e gradualmente si svela una trama ricca di zone d’ombra. Rivelano, uno ad uno, di non ricordare nulla: si sono svegliati lì, poco prima.
Se cancellassimo tutto e ricominciassimo una nuova esistenza, non sarebbe come morire e, eventualmente, rinascere? Quindi non possiamo dire, in fondo, di essere quello che ricordiamo? O, meglio, quanto pesa il bagaglio di ricordi e di certezze per determinare che “esistiamo” e “siamo proprio noi”?
Questo è il tema: consapevolezza, identità ed esistenza sono legati e intrecciati. Esistere è essere se stessi.
Sette personaggi senza un passato condivideranno solo alcune “scorie” delle loro vite pregresse, briciole alle quali si attaccheranno furiosamente. E qui emergeranno altri temi interessanti: il tradimento, il rimpianto, il senso di colpa, il rancore. Ma i personaggi che condivideranno questi scampoli di passato saranno diversi dai loro predecessori “consapevoli”. Perché senza alcun ricordo, restano gli archetipi iniziali della loro essenza, che è l’unica cosa che andrà “oltre”, di là dove l’infermiera li porterà.