Cambia rotta

I fatti del luglio 2001 rievocati non per tornare alle violenze di allora, ma per incontrare gli ideali di chi, da tante parti del mondo, veniva a protestare pacificamente e si è trovato in una realtà improvvisamente mutata. SPETTACOLO IN ABBONAMENTO
Sala Diana | In programmazione: 02/03/2013 - 03/03/2013

“Cosa fa un marinaio quando le mappe di navigazione si mostrano sbagliate, quando le bussole e gli orologi e i sestanti non segnano più con la precisione di un tempo?”
Siamo partiti da questa immagine, presa in prestito da uno scrittore uruguagio Raul Zibechi, per raccontare quei giorni di luglio del 2001, quando tantissime persone arrivarono da tutto il mondo a Genova per affermare che pochi non potevano decidere per tutti, che non possono esistere frontiere solo per gli uomini mentre le merci viaggiano libere, che i semi come l’acqua sono beni di tutti e non un affare per assettare ed affamare, che i territori non sono terre di nessuno dove edificare a piacimento, sventrare senza tener conto chi ci abita, che i diritti umani non possono essere uno strumento di un nuovo neocolonialismo da usare a piacimento solo con i tiranni con cui non si fanno più affari.

Ma ad accoglierli ci furono grate e forze armate in assetto di guerra, contraerea agli aeroporti e frontiere bloccate. Nulla doveva disturbare la passerella di quelli che si erano autoproclamati i Grandi otto del mondo. E quei giorni furono l’occasione per evidenziare che non sarebbero state tollerate ingerenze, proteste e manifestazioni.   Il messaggio fu chiaro: nessuno deve immischiarsi nel governo del mondo. C’era già chi lo faceva a pieno titolo e seguendo la sola via ragionevole e possibile. Non c’era un altro mondo possibile se non quello regolato dall’interesse. Chi si metteva contro era un pazzo, un folle, un ignorante, incivile, insurrezionalista, nemico dell’ordine costituito, un criminale.  E i criminali…

Siamo tornati a quei giorni del luglio 2001 non per ricordare le violenze o rievocare un momento importante del nostro vissuto, ma per fare i conti con quel portato ideale che portò a Genova tante persone e che cambiò le nostre esistenze dopo. Con le parole e i nostri corpi siamo passati nuovamente per quei cortei, quelle piazze, richiamato le facce incontrate per le strade e le piazze, le parole ascoltate da chi arrivò da fuori e da chi non volle andare via dalla sua città. Fino allo sparo che colorò di lutto quella che voleva essere una festa. Nonostante siano passati molti anni, quelle parole e speranze sono ancora con noi. Fanno parte di una storia che vogliamo costruire.

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