Follia per un’attrice e un musicista su giorni felici

Una rivisitazione fra parola e musica dal vivo del testo di Beckett che forse maggiormente esprime l’ostinato attaccamento dell’essere umano all'esistenza, anche se in condizioni estreme.
Sala Diana | In programmazione: 13/01/2012 - 15/01/2012

Una donna (Winnie) conficcata in un abito – scultura – prigione, è lì da tempo immemorabile. Fuori dalla portata del suo sguardo e dietro alla coda nera dell’ abito fissata come una quarta parete, il marito (Willie) che comunica con lei esclusivamente attraverso la produzione di note musicali e sospesi silenzi.
Alla loro ironica condizione fisica fa da contrasto il tono del dialogo: la buffa Winnie è tutta concentrata sulla cura del suo corpo (pettinarsi, truccarsi, essere sempre in ordine) e in un continuo chiacchiericcio da salotto. E Willie è il marito perfetto per questa situazione: un pubblico muto.
La felicità di Winnie è la chiave dell’opera. Winnie non vuole ammettere che si trova in una situazione infernale. Lei si proclama felice, la sua è una vita felice. Cosa può desiderare di più? Ha la sua borsetta con la spazzola, lo specchio (e una piccola pistola con la quale potrebbe velocemente farla finita, ma significherebbe ammettere la sconfitta della sua esistenza). Ha un marito che può tormentare col suo continuo parlare. E’ una vita meravigliosa. E i suoi giorni – che trascorrono tra l’assordante campanello del risveglio e l’altrettanto assordante campanello del sonno – sono giorni felici.
Tra le opere teatrali di Beckett Giorni Felici è quella in cui risalta meglio la formidabile ostinazione della vita, l’umano attaccamento all’esistenza anche in condizioni estreme.
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